Il cappotto termico è una tecnica di isolamento che consente di migliorare l’efficienza energetica delle abitazioni. Sostenuto da politiche di incentivazione statali, dal 2020 è il caposaldo del Superbonus, fattore che ha fatto proliferare le aziende che producono i materiali isolanti, i costruttori che si occupano di questo comparto e… le inesattezze o le bufale.
Da qualche tempo infatti, grazie alla sempre maggiore diffusione dei social media, si sta facendo strada un’idea piuttosto “affascinante” (le virgolette sono d’obbligo) che riguarda la progettazione dei nostri edifici.
Per capire quanto di vero o falso ci sono nelle affermazioni di questa teoria, abbiamo chiesto il parere dell’ing. Cristiano Vassanelli, da anni collaboratore della nostra testata.
Cappotto termico: “Il vostro appartamento sarà una raccolta di umidità”…
Inizia proprio l’attacco al sistema di isolamento a cappotto termico: ” Il vostro appartamento sarà una raccolta di umidità, tra muro esterno e pannelli di polistirene (scarto derivato dalla lavorazione del petrolio, materia prima in mano alla multinazionale americana 3M). Più o meno come mettersi un sacchetto della spesa in testa, provate a respirare… certamente non entrerà il freddo, non entrerà il caldo, ma di sicuro quello che produce dentro casa: docce, cucina, panni stesi, il semplice sudare e respirare di notte, rimarrà tutto dentro casa. Quindi a traspirabilità già eravate scarsini, ora siete a zero. Quel che è dentro, sta dentro. Umidità di risalita inclusa.“
Seconda tale teoria, insomma, utilizzando materiali specifici nelle stratificazioni dei vari elementi edilizi al fine di ottenere un buon livello di isolamento termico, i nostri fabbricati potrebbero riuscire perfino a respirare!
I pretoriani delle “case che respirano” hanno quindi iniziato una “guerra santa” contro il coefficiente di resistenza alla diffusione del vapore, il “famigerato” e pericolosissimo “µ”, preferendo materiali dotati di valori µ sempre più bassi.
Forse è ora di fare un po’ di chiarezza in merito.
Gli edifici non respirano!
Innanzitutto, sarebbe opportuno usare un adeguato linguaggio e dare alle parole della nostra meravigliosa lingua il significato per cui sono nate: si parla di respirazione quando si tratta di esseri appartenenti al regno animale (umani compresi), di traspirazione quando si tratta di vegetali e di diffusione del vapore in riferimento agli edifici.
Questa “favola metropolitana” si fonda e regge su evidenti lacune di alcuni ignari operatori di settore e su ben architettate pratiche commerciali di sfacciati marketing manager, disposti a sovvertire anche la fisica degli edifici pur di vendere un prodotto o un sistema che “cavalchi l’onda”.
Uno studio di ricerca presentato dall’Arch Claudio Pellanda dell’università di Architettura di Venezia (IUAV), pubblicato nel 1996 e condotto dai Docenti e collaboratori del dipartimento di Fisica Tecnica, ha chiarito tale questione e dimostrato che la percentuale di vapore che un edificio tradizionale è in grado di smaltire senza sistemi di ventilazione meccanici o manuali è pari al 9%.
In buona sostanza, se un edificio non è dotato di un sistema di ventilazione in grado di gestire il vapore che si crea con le attività umane (come cucinare, fare una doccia o stendere i panni), potrete avere anche la casa “che respira”, ma l’umidità rimarrà comunque all’interno dei vostri ambienti e la conseguente muffa non tarderà ad apparire sugli angoli delle pareti esterne e dietro ai mobili.
Quindi, che si decida di effettuare un efficientamento energetico con un sistema a capotto di altamente traspirante (quindi con valore µ molto basso come i materiali fibrosi) o poco traspirante (come i materiali a base cellulare), gli effetti di una mancata o non corretta ventilazione saranno i medesimi.

Il polistirene espanso non è il nuovo eternit
L’attacco al sistema di isolamento a cappotto termico continua così: “Poi forse vi sfugge, ma siete giustificati perché non fate il mio mestiere, ma quei pannelli, chiamati polistirene espanso (espanso con un gas), quando avranno esaurito la loro tenuta o durata del gas che li rende leggeri e apparentemente traspiranti, sarà nociva come oggi vengono classificati alcuni materiali come le guaine bituminose, il cartongesso, le resine e tanti bei materiali che, guarda caso, le discariche/stazioni ecologiche, non accettano più. L’amianto/eternit in tempi non lontani era il materiale del futuro, dimenticate?“
Le “guaine” bituminose, meglio dette membrane bitume-polimero, così come quelle sintetiche, le lastre in gesso rivestito o gesso-fibra, l’intonaco, i laterizi, il cemento armato e molti altri materiali sono classificate in base a un codice indicato nel Catalogo Europeo dei Rifiuti (C.E.R.):
- le membrane bitume-polimero, giunte a “fine vita”, come le sintetiche e i pannelli di polistirolo adibiti a isolamento a cappotto, per il loro smaltimento sono disciplinate dal Dlgs 152/2006 Parte IV art. 184 e vengono classificate con codice rifiuto C.E.R. 17.06.04 come rifiuti speciali non pericolosi;
- le lastre di gesso rivestito, giunte a “fine vita”, per il loro smaltimento sono disciplinate dal Dlgs 36/2003 e vengono classificate con codice rifiuto C.E.R. 17.08.02 come rifiuti speciali non pericolosi.
Secondo il codice prima menzionato, sono rifiuti pericolosi tutti quelli contenenti sostanze pericolose o contaminanti, indicati con un asterisco (*) a lato del codice rifiuto, nelle tabelle seguenti.
Finalmente qualcosa di vero
Prosegue: “Sempre che chi li ha montati oggi si sia ricordato di risanare prima i muri, eliminare le parti cedevoli di pittura e di intonaco (altrimenti a cosa si attaccano?)… ripristinare il livello, dare un primer, un rasante di presa, applicare a regolari “patacche” della colla specifica i pannelli e assicurarli con cura con funghi a battere o tasselli particolari e verificarne la tenuta uno ad uno. Poi rasante, rete, ancora rasante, tonachino colorato a finire. Ai prezzi che vedo in giro dubito, quindi auguratevi anche che resti attaccato.“
Su quest’ultima parte concordo con quanto scritto e mi riallaccio a quanto proposto durante i brevi corsi dell’ultima edizione della Fiera “Vita in Campagna” (ecco le date 2024).
La mia presentazione si intitolava “Isolamento a cappotto, le insidie di prezzi apparentemente vantaggiosi” e al suo interno avevo mostrato una serie di difetti che purtroppo ci troveremo a breve a dover risolvere.
Di seguito riporto due mie frasi “emblematiche”, che fanno intuire come all’interno della bolla speculativa del Superbonus abbiano “sguazzato” in molti….
“Da quanto pubblicato e riportato dalle indagini effettuale a livello nazionale, risulta che solo nel secondo semestre 2021 le imprese edili sono cresciute del 50% al ritmo di 64 nuove imprese al giorno (11.563 imprese in più rispetto al 2022 con codici ATECO 41 e 43, costruzione di edifici residenziali ed impiantistica elettrica e idraulica) e una fetta di queste sono riferite a riconversioni di società impegnate in altri ambiti merceologici.
La speranza è che queste nuove realtà operino nel rispetto del buon costruire ma la sensazione che si percepisce, facendo visita a qualche cantiere figlio della corsa al Superbonus, è in qualche caso decisamente poco confortante e apre scenari piuttosto torvi sul futuro di molti cappotti”.
Sulle truffe relative al Superbonus vedi anche qui.
Foto di @Archivio Edizioni L’Informatore Agrario
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